A gennaio di quest'anno il piccolo principe è uscito dal lungo tunnel del diritto d'autore, quei settanta o oltre anni dalla morte dell'autore, durante i quali un'opera è di fatto intoccabile, a meno di un complesso iter di permessi e soprattutto oneri economici. Da un po' più di un mese però il piccolo principe, il celeberrimo libro per bambini di tutte le età, è entrato in quello stato di grazia, sempre più raro, chiamato pubblico dominio. Il che vuol dire che sarò possibile per tutti ripubblicarlo, tradurlo, o inventare storie a lui ispirate, senza il rischio di incappare in multe miliardarie. Una buona notizia per una volta? Purtroppo solo in parte, visto che in questo caso la questione è particolarmente beffarda.

Martedì, 03 Marzo 2015 19:25

Net Neutrality - Update

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Vi proponiamo un piccolo aggiornamento sulla questione della net neutrality negli Stati Uniti. In un post dedicato sulla questione abbiamo recentemente parlato di una imminente votazione, da parte della commissione americana sulle telecomunicazioni (FCC) che avrebbe dovuto decidere sulle regole a cui sono sottoposti i provider di internet. Ci aspettiamo che il risultato influenzi non poco il dibattito.

Il 26 Febbraio scorso l'FCC ha deciso, con tre voti favorevoli e due contrari (entrambi repubblicani), di applicare un regolamento in grado di difendere in maniera importante il principio della net neutrality. Internet sarà riclassificato come “common carrier”, traducibile malamente in “vettore comune”, una particolare dicitura entro cui cadono ad esempio le comunicazioni telefoniche, che vincola le parti in causa a operare “nell'interesse comune”. Tom Wheeler, presidente della commissione ha così commentato il risultato: “Nessuno, che si tratti del governo o di un'azienda deve controllare il libero accesso alla rete” e ancora “Internet è troppo importante per lasciare che siano i provider a fare le regole.”

Il risultato ci rende particolarmente felici perché è un tema importante di cui si parla sempre troppo poco, ma la battaglia è tutt'altro che vinta. Azioni legali sono attese in risposta a questa decisione e anche se la direzione è senz'altro quella giusta, ancora molti sono i rischi sulla strada di una piena accettazione di questo principio, specialmente dal momento che molte delle regole che si applicano ai common carrier sono immutate dagli anni trenta e il rischio è che l'FCC guadagni su internet un potere discrezionale che potrebbe essere più nocivo che benefico.

Giovedì, 19 Febbraio 2015 00:04

Che cos'è la Net Neutrality?

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Abbiamo già accennato in precedenza al concetto di Net Neutrality, senza però mai addentrarci troppo nella questione. Ora sembra essere il momento giusto per un post dedicato a parlarne più nel dettaglio. Purtroppo però, l'ampiezza del tema e la complessità della materia non consentono di parlarne brevemente senza essere necessariamente un po' vaghi o imprecisi. Cercheremo di fare uno sforzo nel raccontare qui, nel modo più chiaro e conciso possibile perché questa sia una questione fondamentale che in realtà riguarda il futuro stesso di internet, perché ci siano posizioni in lotta fra loro e che cosa sia in ballo in questa lotta.

Net Neutrality, termine coniato per la prima volta da Tim Wu, professore in legge della Columbia University, è il concetto secondo il quale tutto il traffico su internet deve essere soggetto allo stesso trattamento per tutti, senza priorità né filtri. In altre parole, non deve essere possibile, secondo questo principio, ai così detti internet service provider (ISP) porre discriminazioni per limitare parzialmente o totalmente l'accesso a determinati contenuti per alcuni utenti.

Il modello che vede internet come una linea retta con da una parte da utenti e dall'altra contenuti, nel cui mezzo si frappone un ISP, purtroppo semplifica troppo la realtà e non aiuta a capire fino in fondo. Una strategia efficace può essere quella di immaginare internet, non come una linea retta, ma piuttosto come un ganglio di molte reti locali interconnesse. Semplificando un po', la parte “esterna” di questo ganglio è rappresentata dal così detto “ultimo miglio” (last mile) che collega gli utenti ad una determinata zona “periferica” della rete tramite un intermediario, l'ISP che funge da casello autostradale; una seconda parte, diciamo interna, è costituita dall'interconnessione (interconnection) tra gli ISP e una serie di altri soggetti, come provider regionali e globali (transit providers) che mettono in comunicazione le diverse sotto-reti fra loro, rendendole accessibili globalmente e in ultimo dai content providers (CP) ovvero tutti quei soggetti che offrono i loro contenuti in rete.

La Net Neutrality è quindi il principio che garantisce che i dati circolanti in tutti i meandri di questo dedalo di reti non vengano filtrati, gerarchizzati o rallentati, nell'interesse di tutti. Il problema riguarda il fatto che progressivamente con il tempo, le pretese di guadagno di chi offre l'ultimo miglio, o garantisce l'interconnessione sono aumentate considerevolmente, al punto di proporre l'adozione di reti a diversa velocità.

Quando si parla di velocità e tariffe internet, per l'utente si parla sempre dell'ultimo miglio, ma è evidente che la velocità e l'accessibilità dei diversi contenuti in rete, dipende anche da come avvenga l'interconnessione a monte. In assenza di una forza legale che garantisca la neutralità delle rete, un determinato soggetto in questo ganglio potrebbe ad esempio decidere di rallentare volontariamente i contenuti in arrivo da un determinato CP verso un determinato sottoinsieme locale, ad esempio con una sorta di velato ricatto commerciale. Qualcosa di molto simile, ad esempio, è appena successo negli Stati Uniti a Netflix, messo recentemente all'angolo da due dei più importanti ISP americani, Comcast e Verizon. In entrambi i casi, le società si sono dette impossibilitate a offrire la banda necessaria a una buona fruizione del servizio di streaming per i loro clienti, ufficialmente a causa del troppo elevato numero di richieste; fino a quando Netflix non ha accettato di firmare un contratto di fornitura specifico, prima con l'una e poi con l'altra società (che di fatto rappresentano molte migliaia di clienti insoddisfatti), l'accesso al servizio di video on demand per molti utenti è stato compromesso da una qualità troppo bassa. E' ovviamente controverso capire che tipo di accordi, per la maggior parte non pubblici, esistano tra i fornitori di contenuti e gli altri soggetti. In molti casi esiste almeno il legittimo sospetto che l'accessibilità o la rapidità dell'accesso siano degradate surrettiziamente al fine di ottenere vantaggi economici.

Negli Stati Uniti la questione è ancora aperta e nonostante il presidente Obama si sia schierato apertamente a favore della Net Neutrality, auspicando che l'autority per le comunicazioni (FCC) imponga a tutti il suo rispetto, la battaglia è appena cominciata. Il 26 Febbraio l'FFC voterà un nuovo regolamento e alcune indiscrezioni lascerebbero sperare per il meglio, ma resta da capire se il regolamento abbracci effettivamente le tutele più radicali della NN e, in questo caso, se gli ISP accetteranno di buon grado la decisione dell'autority. Verizon ha già fatto sapere che non intende cedere sulla questione e che l'autority non avrebbe voce in capitolo sull'interconnessione.

Qui in Europa, nonostante ci si dica assolutamente a favore della neutralità, gli interessi economici in gioco sono notevoli ed è molto importante non abbassare la guardia, visto che a tutt'oggi, la neutralità della rete resta solo un principio teorico, spesso smentito dalla pratica. Se l'idea di pagare la priorità sui contenuti dovesse diventare la norma, questo significherebbe non solo un indebolimento della rete come strumento commerciale democratico, a tutto sfavore di piccoli operatori, ma lascerebbe di fatto in mano a soggetti privati e con corposi interessi da difendere, un arbitrio enorme nei criteri con cui applicare filtro e selezione, che facilmente potrebbe sconfinare in forme di censura.
Mercoledì, 11 Febbraio 2015 21:27

Spazio libero

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Siete anche voi tra quei bambini che nelle notti d'estate avrebbero passato ore, sdraiati a faccia in su a guardare le stelle? Meglio su un prato, meglio ancora con una copertina leggera e tutto il tempo per godersi la vertigine del vuoto. Per me quel momento significava anche poter riempire mio padre fisico di domande sullo spazio. Di quelle che non aspettano neppure una risposta, ma sono pura estasi interrogativa. A cui lui, paziente, cercava sempre di rispondere, sapendo che nessuna risposta avrebbe arrestato il fiume delle domande. Anzi. Una cosa che mi rimaneva particolarmente oscura era questa storia che nello spazio non ci fosse suono. Contro ogni evidenza preveniente dalla cinematografia fantascientifica di mezzo secolo almeno, che ha sempre messo una gran cura nel farci conoscere tutte le sfumature sonore incredibili della galassia, la realtà sembra essere molto più triste: niente aria, niente suono. In ogni istante, nello spazio ci sono infinite cose che si muovono, che si scontrano, che esplodono, cose che girano, che si espandono, che irradiano e tutto accade nel più religioso silenzio. Al massimo, dice la scienza, la domanda potrebbe essere: che suono avrebbe lo spazio? Avrebbe, se ci fosse l'aria, se potessimo ascoltare le onde elettromagnetiche, se fossimo in una tuta pressurizzata o dentro uno shuttle. Che suoni sentiremmo se fossimo dentro un robot sulla superficie di Marte o dentro un satellite in orbita intorno alla terra? Che suoni sentiremmo allora? Per la gioia dei bambini di tutte le età, la Nasa, l'ente spaziale americano, quella che nello spazio c'è andata dalla fine degli anni '50 (o almeno così ci ha sempre detto...*) ha deciso di pubblicare un enorme archivio sonoro delle sue missioni nello spazio, che comprende le registrazioni delle comunicazioni spaziali, i suoni di un buon numero di missioni, trasposizioni nella banda udibile di altre onde elettromagnetiche (luce, segnali radio ecc) così da convertirle in “suono” e molto altro. Alcuni suoni erano già pubblici, altri sono inediti; la qualità non è sempre spettacolare, anche per ragioni puramente di economia dell'operazione, ma la bella notizia è che tutti i suoni, che per facilità di reperimento, sono stati caricati sul profilo ufficiale dell'ente spaziale americano sulla piattaforma Soundcloud, sono stati pubblicati con dicitura pubblico dominio, e per tanto sono accessibili da tutti e da tutti utilizzabili, modificabili e ripubblicabili. Per questo viaggio sonoro non avrete neppure bisogno della copertina, basteranno un bel paio di cuffie e tanto tanto tempo a disposizione. Buon ascolto!

* Si fa ironico riferimento alla celebre ipotesi di complotto secondo la quale la missione Apollo 11 non sarebbe mai andata sulla luna, ma si tratterebbe di una finzione cinematografica firmata Stanley Kubrick, che in cambio del favore, avrebbe ottenuto lenti speciali per girare il suo Berry Lindon senza luci artificiali. Per saperne di più vi consiglio di leggere qui o nella pagina in inglese, ancora più ricca di dettagli, qui.