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Il fatto è il seguente: Thom Yorke, storico cantante e anima dei Radiohead, ha ritirato i brani prodotti nell'ambito dei suoi progetti solisti (The Eraser, Atom for peace) dal servizio di streaming musicale svedese Spotify, da pochissimo giunto anche in Italia. La motivazione addotta sarebbero le condizioni di pagamento incredibilmente basse che la piattaforma di streaming sarebbe in grado (o avrebbe scelto) di pagare agli artisti. Per dare dei numeri che altrimenti non conosco, cito la stima fatta da Sam Duckworth, che per il suo sesto album solista, a fronte di 5000 play su Spotify avrebbe maturato la lauta cifra di 20 £ in royalties. La scelta di Thom Yorke, a sua detta, sarebbe non tanto motivata dalla difesa dei suoi propri compensi, (diventati nel tempo cifre a parecchi zeri, con milioni di dischi venduti) quanto un atto di giustizia e solidarietà per tutti gli “artisti emergenti”, che non potendo contare su album più “stagionati” alle spalle, si trovano così ad avere quasi nulla da questi servizi come compenso per gli album appena prodotti a caro prezzo. La posizione di Yorke ha avuto eco dal suo produttore e compagno di avventura negli Atom for peace, Nigel Godrich, che dice, commentando il tardivo ingresso dei Pink Floyd nel servizio: "Registrare nuova musica ha bisogno di fondi. Alcuni dischi possono essere fatti in un computer portatile, ma altri hanno bisogno di musicisti e tecnici specializzati. Il catalogo dei Pink Floyd ha già...

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